giovedì 13 novembre 2008

Assaggi: Cous Cous Ramy




La nostra amica ci parlava da tanto tempo di questo posto. Sopra la porta d’ingesso c’è una targa che ricorda che Alfonso aprì il locale, uno dei primi ristoranti etnici a Roma, nel 1967. Ramy è il figlio di Alfonso, ebreo di Libia, e ne porta avanti la tradizione della preparazione del cous cous secondo i dettami kasher. L’arredamento è molto semplice, con qualche concessione alla cultura ed all’estetica nordafricana, ma senza esagerazioni. L’atmosfera è tranquilla, la luce quella giusta. Non ordiniamo neanche: Tyler ed io siamo ospiti, e sono lo chef Ramy e sua moglie in persona a servirci. Fuori piove e c’è freddo, perciò cominciamo con una zuppa d’orzo calda, saporita e speziata. Poi assaggiamo dell’ottimo tonno affumicato, servito su un letto di ortaggi, ed un classico humus, che mangiamo con del pane arabo. Quindi Ramy ci serve la portata regina, il cous cous, accompagnato da tre diversi condimenti: delle patate appena piccanti dall’aroma molto particolare, della tenerissima carne di vitella kasher con i fagioli, ed un misto di verdure ed ortaggi. Ottimo ed abbondante. Su prezioso consiglio della nostra amica, che qui è di casa, ci tratteniamo e cerchiamo di bere poca acqua, altrimenti nello stomaco il grano si gonfia e ti senti sazio all’istante… E così ci godiamo tutto fino in fondo, tanto che quando lo chef ci delizia con il dessert, siamo ancora in gran forma: sulla nostra tavola arriva un tipico dolce libico fatto di miele e frutta secca, accompagnato da spicchi di mandarino e da un piccolo cannolo croccante con la panna, da gustare con del tè alla menta. Il clima è conviviale ed amabilmente conversiamo a proposito delle ballerine della danza del ventre che si esibiscono qui nel fine settimana. Quanto al conto, come dicevo, Tyler ed io siamo ospiti, ma i prezzi del menù fisso sono a dir poco onesti.

Cous Cous Ramy (Via Brescia, 23 - Roma)

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