Visualizzazione post con etichetta Giapponese. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Giapponese. Mostra tutti i post

lunedì 4 giugno 2012

Percorsi: Barcellona





Questa volta Tyler ed io ci ritroviamo a Barcellona per seguire l'imminente apertura della gelateria di due nostri amici, Gocce di Latte, nella centralissima Plau del Palau. Quando arriviamo, la giornata volge ormai al termine, e nei locali della gelateria c'è ancora il caos, ma siamo fiduciosi, e le prove di gelato che assaggiamo promettono bene. A pochi metri da Gocce di Latte, sempre in Plau del Palau, si trova un ristorante di tapas (uno dei tanti che affollano la città catalana), Lonja de Tapas, prima fermata del nostro personale percorso gastronomico. Per la scelta ci affidiamo ai nostri amici, i quali ordinano patatas bravas (patate fritte servite con salsa all'aglio e paprika, un vero must di Barcellona), polpo alla gallega, pimientos de padrón (piccoli peperoni verdi simili ai friggitelli nostrani), mojama (tonno secco) con le mandorle, il tutto accompagnato da pan tomate, una sorta di panzanella croccante. Stimolato dalla ricchezza della carta, mi permetto di aggiungere del camembert fritto accompagnato da una salsa ai frutti di bosco. Da bere, una ricercatezza: birra Estrella Damm Inedit, una cerveza dal sapore fresco ed agrumato, ideata nientemeno che da Ferran Adrià, lo chef del celebre ristorante El Bulli, ora trasformato in una fondazione. Le tapas sono sfiziose, buone e ben presentate, tanto che alcune si meritano addirittura un bis. Per chiudere, e non poteva essere altrimenti, la crema catalana. Il conto alla fine è più che onesto, meno di 20 euro a testa.





Il mattino seguente, Tyler ed io seguiamo le tracce (numerose e per nulla nascoste) dell'opera di Gaudí, e salendo dal centro della città verso la collina che ospita il Parco Güell, ci fermiano per uno spuntino alla Plaza del Sol, nell'incantevole quartiere di Gracia. Sotto un rigoglioso albero di magnolia, troviamo un tavolo libero appartenente al piccolo locale Sol Soler, dove un cameriere ci accoglie in perfetta lingua italiana. Ordiniamo delle crocchette miste, una (ottima) quiche al tonno ed olive, ed ancora patatas bravas (un pochino troppo unte, in verità) e pan tomate, più acqua e birra, il tutto per circa 25 euro.

La sera, a cena, i nostri amici gelatai impongono una decisa svolta orientale, portandoci al ristorante Wok all'Arc de Triomf, locale che propone cucina giapponese a buffet contaminata in modo discreto con qualche tocco locale, come il maki fritto servito con salsa aioli. Mentre Tyler si butta sulla soia in tutte le sue declinazioni, io mangio prevalentemente sushi (solo di tonno e salmone, per fortuna i miei preferiti), per il quale val bene un'attesa al bancone. Comprese le bevande (acqua e birra nipponica) spendiamo meno di 18 euro a testa.



A Roma c'è un ristorante di pesce (anzi, per la verità sono già diventati due) del quale si parla molto, Fish Market. Ebbene, pare che la formula sia stata importata proprio da Barcellona, e più precisamente da La Paradeta. Quando (dopo aver smaltito una lunga fila) si entra nel locale, infatti, sembra di essere veramente al banco del mercato, con il pescato che fa bella mostra di se. Si compra a peso, proprio come avviene quando si va a fare la spesa, ma invece di portare il pesce a casa, si sceglie come farlo cucinare (fritto, o alla piastra), si aspetta il proprio turno seduti al tavolo, e quando è pronto si ritirano i piatti al bancone. Mangiamo chipirones (una sorta di moscardini, una specialità catalana) fritti, cannolicchi, e poi seppie, calamari e squisiti polipetti alla piastra. Un modo inconsueto e se vogliamo spartano di mangiare pesce, ma il conto, vino compreso, è di circa 15 euro a testa.



Scherzando e ridendo, e mangiando, è arrivato l'ultimo giorno di questa nostro viaggio a Barcellona, e visto che oramai ci muoviamo per il centro con una certa disinvoltura, i nostri amici gelatai ci affidano una commissione: acquistare dello zenzero. Tyler ed io ci dirigiamo quindi verso la Boqueria, pittoresco mercato nel centro della città, a due passi dalla Rambla. Una volta reperita la radice, e soprattutto fatto il pieno di odori e colori, decidiamo di fermarci a pranzo presso un piccolo locale nascosto in un vicoletto al lato del mercato, chiamato più che adeguatamente Petit Boqueria. Il cameriere che ci serve è italiano (di Modena, comprensibilmente turbato per il sisma che sta tormentando l'Emilia), il cibo è spagnolo e gradevole: le immancabili patatas bravas, ancora pan tomate (forse il migliore della nostra breve esperienza), un generosa fetta di tortilla e del baccalà fritto, il tutto per poco più di 30 euro, birra ed acqua incluse.



La sera a cena si corre la tappa conclusiva di questa esperienza gastronomica catalana. Stavolta però niente specialità spagnole, ma una trovata che, come quella de La Paradeta, potrebbe essere replicata con successo anche dalle nostre parti, se adeguatamente riveduta e corretta: si tratta dell'hamburguesería Kiosko. La formula è la seguente: mentre si fa la fila per arrivare alla cassa, si compila un modulo prestampato per l'ordinazione, scegliendo tra i vari tipi di hamburger disponibili e le possibili varianti (con o senza pane, con l'aggiunta di ingredienti extra). Il concetto in se è piuttosto interessante, se non fosse che il posto è così piccolo che, anche una volta giunto il proprio turno, si rischia di rimanere in piedi proprio mentre il tuo piatto sta arrivando. Per evitare che questo accada, ci sediamo sugli sgabelli dei banconi sistemati proprio dove gli avventori sono in coda per presentare il modulo, una sistemazione tutt'altro che comoda. E non è finita più: quando finalmente sulla ruota di Barcellona esce il nostro numero (il 7, per la cronaca, ndr), una delle ordinazioni è sbagliata, ed a causa di una certa arroganza del personale, ci vogliono molto tempo e tanta pazienza perchè a Tyler portino finalmente il suo hamburger classico con pane integrale, tanto che il mio asturiano, che pure è piuttosto gustoso, è ormai freddo quando possiamo cominciare a mangiare. Un vero peccato, perchè se perchè la qualità degli ingredienti e l'idea di base sono decisamente interessanti, ed i prezzi onesti (si mangia con 10 euro a testa), la struttura del locale ed il servizio non sono assolutamente all'altezza.

Nonostante il finale un po' movimentato, questi giorni passati a Barcellona hanno confermato quanto di buono avevamo provato a Bilbao e San Sebastiàn, rafforzando la convinzione che la cucina spagnola meriti davvero grande considerazione.
Ah, nel frattempo la gelateria Gocce di Latte ha aperto i battenti, e sta andando alla grande!




Gocce di Latte (Pla del Palau, 4 - Barcellona, Spagna)
Lonja de Tapas (Pla del Palau, 7 - Barcellona, Spagna)
• Sol Soler (Plaza del Sol, 21 - Barcellona, Spagna)
Wok Arc de Triomf (Passeig de Lluis Companys, 19 - Barcellona, Spagna)
La Paradeta (Carrer Comercial, 7 - Barcellona, Spagna)
Petit Boqueria (Carrer de la Petxina, 5/7 - Barcellona, Spagna)
Kiosko Burger (Marquès de l'Argentera, 1 Bis - Barcellona, Spagna)

domenica 5 febbraio 2012

Assaggi: takoyaki da Fusionfood




Nell'estate del 2005, mentre giravo per il mercato di Camden Lock a Londra, rimasi incantato davanti ad un piccolo banco dove una ragazza giapponese preparava delle polpettine su una piastra piena di piccole cavità, rivoltandole a metà cottura con una gestualità di nipponica precisione. Si trattava dei takoyaki, squisite palline di pastella ripiene di polpo originarie della regione del Kansai.
Finalmente anche a Roma c'è un posto dove è possibile trovare questa specialità: si tratta di Fusionfood, un piccolo locale che serve cucina giapponese take-away, nascosto in un vicolo dietro la Fontana di Trevi. Appena entro posso subito notare la caratteristica piastra per i takoyaki, già piena di palline cotte per metà. All'opera c'è un ragazzo dagli occhi tutt'altro che a mandorla, ma gentile ed appassionato del proprio lavoro. Aspetto qualche minuto che i takoyaki finiscano di cuocere da entrambi i lati, li faccio guarnire con alghe e tonno essiccato, e li porto via. Una porzione consta di 6 polpettine e costa 5 euro, un prezzo decisamente onesto considerando la difficoltà nel trovare questo tipo di preparazione nella nostra città. Una volta arrivato a casa, tiro fuori i takoyaki ancora caldi dal contenitore di plastica, e quasi mi sorprendo di quanto, oggi come allora, nel 2005 a Londra, siano buoni, insoliti e sfiziosi.

Fusionfood (Vicolo Scavolino, 64/a - Roma)



Takoyaki a Camden Lock (Londra) nel 2005.

martedì 11 maggio 2010

Assaggi: Sushisen




Tyler non aveva mai mangiato sushi. Così, quasi per caso, visto che passavamo proprio da quelle parti, ci siamo fermati a pranzo al Sushisen, ristorante giapponese al quartiere Ostiense, che si vanta di annoverare solo veri cuochi nipponici tra le fila della propria cucina. È tardi, sono le 14:00, ma c'è comunque parecchia gente seduta agli sgabelli del nastro trasportatore. Tyler, tuttavia, essendo un esordiente, si sente rassicurato ad accomodarsi ad un tavolino tradizionale. Una signora, molto gentile ma un po' rigida, ci accoglie e ci prende le ordinazioni: scegliamo nigiri di sushi col tonno, col salmone e con le capesante, e la tempura moriawase, frittura che comprende ortaggi misti e gamberoni. Beviamo birra Asahi. Il pesce è freschissimo, e la pastella della tempura leggera ed asciutta, e Tyler sembra gradire, tanto che facciamo il bis di sushi al tonno ed al salmone. Il conto è salato quasi quanto la salsa di soia, certo (più di 30 euro a persona), ma del resto questo è lo scotto da pagare quando si ha voglia di mangiare pesce crudo senza correre rischi... Una volta ogni tanto, ne vale davvero la pena.

Sushisen (Via Giuseppe Giulietti, 21a - Roma)