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martedì 26 gennaio 2010

Amatriciana o carbonara? Tutt’e due! (Ravioli misti di amatriciana e carbonara con guanciale croccante)




Amatriciana o carbonara? Ispirandomi liberamente alle creazioni di due grandi chef, Cristina Bowerman dell'Hostaria Glass, ed Heinz Beck de La Pergola, ho tentato di risolvere il dilemma spostando i due diversi condimenti all'interno di ravioli di pasta all'uovo, e li ho serviti insieme, nello stesso piatto.
In fondo al post, trovate anche una variazione sul tema, preparata utilizzando il ripieno per i ravioli alla carbonara avanzato...

Ingredienti per persona, per il ripieno all’amatriciana:

• 40 g. circa di passata di pomodoro
• 30 g. circa di guanciale
• cipolla
• olio evo
• sale
• pepe


Ingredienti per persona, per il ripieno alla carbonara:

• uova (un uovo intero ed un tuorlo ogni tre persone)
• 30 g. circa di guanciale
• pecorino romano grattugiato
• farina q.b.
• cipolla
• olio evo
• sale
• pepe


Ingredienti per persona, per la pasta:

• 100 g. di farina
• un uovo
• sale


Ingredienti per persona, per il condimento:

• cipolla
• olio evo
• sale
• 20 g. circa di guanciale
• pecorino romano grattugiato


Musica: Heligoland – Massive Attack (2009)
Vino: Torreto Velletri, Cantine Co.Pro.Vi (Lazio)


Preparazione del ripieno di amatriciana:

Fai soffriggere la cipolla tritata in poco olio evo, quindi unisci il guanciale, fallo rosolare per qualche minuto, e passa il tutto nel mixer frullando grossolanamente. Per risparmiare tempo, conviene preparare anche il guanciale per il ripieno di carbonara, in modo da averlo già pronto quando sarà il momento di mescolarlo alle uova battute. A questo punto, metti la metà del composto ottenuto nella padella, aggiungi la passata di pomodoro, regola di sale e pepe, e fai andare fin quando il sugo non si sarà ristretto.


Preparazione del ripieno di carbonara:

Metti le uova, il parmigiano, il pecorino, il sale ed il pepe in un contenitore a bagnomaria, e mescola con una frusta, o con una forchetta. Ora unisci un poco alla volta la farina, quanta ne basta per far addensare il composto, rimestando continuamente. A questo punto aggiungi la seconda metà del guanciale soffritto e frullato precedentemente, ed amalgama il tutto.


Preparazione della pasta:

Prendi una ciotola, mettici la farina, le uova, un pizzico di sale, ed impasta il tutto, aiutandoti se necessario con poca acqua fredda. Una volta che il composto sarà divenuto omogeneo, lascialo riposare in frigo per almeno mezz’ora, dopodichè lavoralo nuovamente e stendilo con un matterello su di un piano infarinato, fino ad ottenere una sfoglia sottile ma non troppo. A questo punto, ritaglia la pasta con uno stampo, spennellala con del rosso d’uovo, farciscila con i ripieni di amatriciana e carbonara, e richiudi bene il raviolo con la punta di una forchetta. Se vuoi differenziare i due gusti, usa dei coppapasta diversi (ad esempio tondo per l’uno e quadrato per l’altro), mentre se vuoi dare al piatto un effetto sorpresa (a chi tocca nun se n'grugna, si dice a Roma) usa la stessa per entrambi i ripieni. Una volta terminata l’operazione, disponi i ravioli su un piano ben infarinato, per evitare che si attacchino.



Preparazione del piatto:

Lessa i ravioli in abbondante acqua salata, fin quando non verranno in superficie (3 o 4 minuti circa). Nel frattempo, metti il guanciale tagliato a pezzi (o a listarelle) in forno per 5 minuti a 180°, e fai soffriggere la cipolla tritata in una padella con abbondante olio evo. Non appena i ravioli saranno cotti, falli saltare velocemente nel soffritto, impiattali, e servili immediatamente guarnendo col guanciale e spolverando con del pecorino romano grattuggiato.


Appendice

Carbonara solida (Tortino di carbonara)



Era la prima volta che cucinavo questa ricetta di pasta, perciò le dosi sono state fissate in corso d'opera, e così mi sono ritrovato con del ripieno alla carbonara in eccesso. Ho deciso così di metterlo in uno stampino per dolci, e cuocerlo in forno a 180° per circa 20 minuti: il risultato, devo dire, non è stato affato male, anzi...

lunedì 18 maggio 2009

Assaggi: Le Papere




L'idea ci è venuta all'improvviso, per caso: andiamo a pranzo al lago, a Bracciano. Sulla strada troviamo un po' di traffico, perciò quando arriviamo sulle sponde del bacino di origine vulcanica, sono già le 14 passate. Scorrendo velocemente i ristoranti sul lungolago, ce n'è uno che attira la mia attenzione, si chiama Le Papere. Simpatico, penso. Chiedo se è tardi per mangiare, ma la cameriera mi dice che non c'è problema, e ci fa accomodare sulla splendida terrazza sul lago, praticamente una palafitta proprio sopra lo specchio d'acqua, decisamente suggestivo. Una volta seduti, siamo accolti dal titolare, che ci illustra brevemente il menù. Scegliamo un antipasto della casa (le papere, appunto), composto da vari sfizi mari e monti: affettati, formaggi, pomodori al forno, insalata di mare, voul-au-vent. Nel frattempo beviamo un vino bianco della Cantina Cerveteri, il Tirseno. Per proseguire, Tyler sceglie le fettuccine alla matricianella, ovvero con ricotta affumicata e prosciutto, davvero ottime, mentre il sottoscritto, contrariamente alle abitudini ormai radicate, rinuncia al primo e si lascia tentare dal fritto misto di pesce di lago, con persico, luccio e lattarini, asciutto e croccante, con contorno di patate al forno. Fa caldo, ma c'è una brezza niente male, tanto che, a causa di una folata improvvisa, il mio tovagliolo vola e finisce nel lago, tra le papere, quelle vere. Poco male, siamo alla fine, così chiediamo il caffè ed il conto: poco meno di 50 euro, non proprio economico, ma neanche spropositato.

Ristorante Le Papere (Lungolago G. Argenti, 20 - Bracciano, Roma)

venerdì 17 aprile 2009

Una melanzana al giorno...



Una cena, due variazioni sul tema della melanzana: un antipasto semplice e gustoso, ed un’altra irriverente versione della carbonara, giusto per tenersi leggeri dopo i bagordi pasquali, ma senza rinunciare al gusto.


Piccola vedetta campana (Millefoglie di melanzane e bufala)


Ingredienti per persona:

• tre fette di melanzana
• tre fette di pomodoro
• tre fette di mozzarella di bufala (80/100 g. circa)
• una foglia di basilico
• sale
• olio evo


Preparazione:

Lava i pomodori e le melanzane e tagliali a fette di circa un centimetro di spessore, ricavandone tre per ogni porzione. Disponi le fette su una teglia foderata con carta da forno, condisci con olio e sale, e cuoci a 180° per una mezz’ora. Nel frattempo, affetta la mozzarella e mettila ad asciugare su un foglio di carta assorbente, in modo che perda il latte in eccesso. Quando la cottura degli ortaggi sarà ultimata, disponi su un piatto da antipasto una fetta di melanzana, una di bufala ed una di pomodoro, e ripeti l’operazione per tre volte. Ferma la torretta con uno spiedo, condisci con un filo d’olio a crudo, e servi guarnendo con una foglia di basilico fresco.



Carbonara ecologica (Carbonara di melanzane e zucchine)


Ingredienti per persona:Ingredienti per persona:

• una melanzana (¼ circa a persona)
• mezza zucchina
• un uovo (un uovo intero ed un tuorlo ogni due persone)
• 100 g. di tortiglioni
• un cucchiaio da cucina abbondante di parmigiano reggiano grattugiato
• cipolla
• sale
• pepe
• olio evo


Preparazione:

Trita la cipolla e falla soffriggere in una padella con poco olio extra-vergine di oliva, unisci le melanzane e le zucchine tagliate a dadini, fai rosolare per qualche minuto, aggiusta di sale, quindi aggiungi dell’acqua calda e cuoci a fuoco vivace per circa un quarto d’ora, fin quando l’acqua non si sarà ritirata. Nel frattempo, mentre fai lessare la pasta in abbondante acqua salata, metti le uova, il parmigiano (oppure il pecorino, se preferisci), il sale ed il pepe in un contenitore, e mescola il tutto. Quando la pasta sarà pronta, mantecala nella padella con gli ortaggi direttamente sul fornello, in modo che si mantenga ben calda, quindi passala nella ciotola con l’uovo (il calore della pasta farà cuocere l’uovo quel tanto che basta per evitare che si rapprenda) e servi immediatamente, aggiungendo a piacere dell’altro formaggio grattugiato.


Musica:
Singles - The Smiths (1995)
Vino: Anthìlia, Donnafugata (Sicilia)

mercoledì 15 aprile 2009

Assaggi: Amelindo




È il lunedì dell'Angelo, o pasquetta se preferite, ed a dire il vero Tyler ed io siamo piuttosto restii ad andare a mangiar fuori nelle giornate di festa comandata, ma abbiamo ricevuto un invito per pranzo a Fiumicino, e dato che, in barba a tutte le previsioni, c'è il sole e la giornata è decisamente gradevole, accettiamo di buon grado. Il locale si chiama Amelindo, si trova proprio sul lungomare ed è davvero molto grande, e nonostante questo è pieno in ogni ordine di posti e c'è addirittura gente fuori che fa la fila per entrare. Del resto si tratta di un esercizio parecchio noto da queste parti, aperto dal lontano 1967. Ci accomodiamo in una delle sale interne, ma le ampie vetrate lasciano comunque intravedere il mare. A tavola troviamo già il vino in fresco: si tratta di un Polena bianco Donnafugata, scelta azzeccata. Cominciamo con dell'insalata di mare con salmone marinato, quindi a seguire bruschette con i moscardini, calamaretti fritti, sautè di cozze e vongole, astice alla catalana, e per finire un sontuoso piatto di ostriche e gamberi crudi, freschissimi e di ottima qualità. Arriva il momento di scegliere il primo, ma il ventaglio di opportunità è ristretto ai classici della cucina marinara, e così optiamo per un risotto alla crema di scampi e per delle linguine all'astice: eccezionale il primo, in bianco, senza pomodoro, ma dal sapore delicato e perfettamente equilibrato; buone ma non strepitose le seconde. Come spesso capita quando gli antipasti sono così numerosi e le portate così abbondanti, decidiamo di saltare il secondo, ed andiamo dritti ai dessert, che purtroppo si rivelano il punto debole di Amelindo: assaggiamo una torta ai frutti di bosco senza infamia e senza lode, un dolce al cioccolato preparato in realtà con la nutella, ed un tiramisù da dimenticare, sepolto sotto troppo cacao in polvere. Peccato. Per quanto riguarda il conto, siamo ospiti e restiamo a guardare, ma pare che qui non si spendano cifre folli, anzi. Meglio così.

Amelindo (Lungomare della Salute, 111b - Fiumicino, Roma)

giovedì 2 aprile 2009

Assaggi: Trattoria dal Pescatore




Finalmente è arrivata la primavera, e Tyler ed io ricominciamo a cercare posti ameni e poco noti dove trascorrere la domenica. In realtà, il tempo non promette niente di buono, ma decidiamo comunque di partire alla volta del lago di Turano, nel reatino, per visitare Castel di Tora, piccolo centro inserito nel circuito dei borghi più belli d'Italia. Purtroppo, dopo aver ammirato il panorama del lago dall'alto del paese, apprendiamo che Peppino, titolare dell'omonima (ed unica) trattoria del borgo, è passato a miglior vita. Così scendiamo di nuovo, e ci fermiamo al ristorante La Riva del Lago, ma non c'è posto. La titolare, però, ci indirizza gentilmente verso Colle di Tora, poco distante da lì, dall'altra parte del bacino artificiale, alla Trattoria dal Pescatore, gestito dalla cognata. Impieghiamo giusto qualche minuto, e troviamo subito il parcheggio, ed un tavolo nella veranda del locale, con una splendida vista sullo specchio d'acqua. La gradevole atmosfera di conduzione familiare ci viene subito confermata dalla rubiconda ragazza che ci accoglie e ci serve. Per cominciare, Tyler ed io le ordiniamo dell'acqua frizzante ed una bottiglia di vino rosso (un Chianti Superiore Il Leo, Ruffino), mentre come antipasto, gustiamo delle bruschette miste, una selezione di salumi e formaggi, una torta rustica ed uno sfizioso assaggio di polenta con broccoli e salsiccia. Ma veniamo ai primi: Tyler prende dei ravioli al salmone, mentre io mi indirizzo sugli strozzapreti lago e monti con persico e funghi porcini, piatto tipico di queste parti. La qualità è buona, e le porzioni decisamente ottime ed abbondanti, tanto che, a malincuore, ci vediamo costretti a rinunciare al secondo, nonostante la ricca scelta di alternative, sia per quanto riguarda la carne (brasato e salsicce di cinghiale), sia il pesce (bocconcini di persico reale fritti, luccio ai ferri).



Tuttavia c'è ancora spazio per un dessert: dal notevole assortimento di tiramisù che fa bella mostra di sé sul carrello dei dolci, scelgo quello al limone, morbido e dal sapore rinfrescante. Per finire, ordiniamo due caffè e chiediamo il conto, decisamente onesto, poco più di 20 euro a testa, vista inclusa.

Trattoria dal Pescatore (Via Maria Letizia Giuliani, snc - Colle di Tora, Rieti)

venerdì 6 febbraio 2009

Amatriciana del Baltico (Alci all’amatriciana di aringhe affumicate)




Ingredienti per persona:

• 100 g. di filetti di aringhe del Baltico affumicate
• 200 g. circa di passata di pomodoro
• 100 g. di pasta biologica Älgar di Ikea Food
• mezza cipollina
• vino bianco
• parmigiano reggiano grattugiato
• sale
• pepe
• olio evo


Musica: First Band On The Moon – The Cardigans (1996)
Vino: Cesare Ottaviano Augusto, Colle di Maggio (Lazio)


Preparazione:

Imperterrito e divertito, continuo nella mia opera di rilettura (e dissacrazione) dei classici della cucina romana (o giù di lì): stavolta tocca all’amatriciana, della quale ho semplicemente cambiato un ingrediente. Per la verità mi è capitato di mangiare in alcuni ristoranti che offrono nel loro menù una variante preparata con cozze e vongole al posto del guanciale, ma personalmente credo che i molluschi diano all’insieme un sapore di mare troppo spiccato. È straordinario, invece, come le aringhe affumicate rendano particolare questa ricetta, senza però alterarne completamente la struttura. Unica concessione frivola, la pasta a forma di alce dell’Ikea: un tocco scandinavo che a dire il vero non solo rende spiritosa la portata, ma tiene la cottura molto meglio di marche italiane più blasonate…
Ma veniamo al dunque: taglia i filetti di aringa a dadini, proprio come se fosse della pancetta. Fai soffriggere la cipolla sminuzzata in poco olio extra-vergine di oliva, quindi fa rosolare le aringhe per qualche minuto, bagna con del vino bianco e lascia sfumare. A questo punto aggiungi la passata di pomodoro e fai cuocere a fuoco moderato per circa 20 minuti. Regola di sale e pepe, ma senza esagerare, in quanto le aringhe, di per sé, sono già molto salate. Lessa la pasta, scolala al dente, e mantecala nella pentola col sugo. Per quanto la ricetta originale preveda l’uso del pecorino, in questo caso è preferibile spolverare con del parmigiano grattugiato, per evitare che il condimento risulti troppo saporito. Tack för maten!

sabato 10 gennaio 2009

Mare-moto carbonaro (Carbonara di polpo)




Ingredienti per persona:

• 150 g. circa di polpo
• un uovo (un uovo intero ed un tuorlo ogni due persone)
• 100 g. di mezze maniche
• un cucchiaio da cucina abbondante di parmigiano reggiano grattugiato
• prezzemolo
• uno spicchio d'aglio
• sale
• pepe
• olio evo


Musica: Amen - Baustelle (2008)
Vino: Merlot, Casale del Giglio (Lazio)


Preparazione:

Qual'è la ricetta giusta per la fare la pasta alla carbonara? Sebbene sia un piatto classico e piuttosto semplice, ognuno ha il suo modo di cucinarla e servirla. Qui ho semplicemente sostituito la carne con il pesce, lasciando per il resto più o meno invariata la preparazione. Per quanto riguarda il polpo, invece, per motivi di tempo, ho usato quello precotto e surgelato, che si trova comunemente nei supermercati. Ma torniamo alla carbonara…
Fai soffriggere l’aglio in poco olio extra-vergine di oliva, quindi fa rosolare il polpo (precedentemente sbollentato) per qualche minuto, e tieni in caldo. Nel frattempo, mentre fai lessare la pasta in abbondante acqua salata, metti le uova (la proporzione corretta è, a quanto si dice, un uovo intero ed un tuorlo ogni due), il parmigiano (oppure il pecorino, se preferisci un gusto più saporito anche col pesce), il sale ed il pepe in un contenitore, e mescola il tutto. Quando la pasta sarà pronta, mantecala nella padella con il polpo lasciando la fiamma accesa, in modo che si mantenga ben calda, quindi passala nella scodella con l’uovo (il calore della pasta farà cuocere l’uovo quel tanto che basta per evitare che si rapprenda) e servi immediatamente, magari spolverando con del prezzemolo tritato, se vuoi aggiungere un tocco di colore, ed, a piacere, con dell’altro formaggio grattugiato.

lunedì 8 settembre 2008

Assaggi: Ristorante Cacciani




Quest’oggi si festeggia un compleanno, e così Tyler ed io ci rechiamo a Frascati per l’ora di pranzo. L’appuntamento è presso il Ristorante Cacciani, nel centro storico, uno dei più antichi della zona, in attività dal 1922. Ci sediamo nella sala principale, e brindiamo subito con un bicchiere di prosecco, quindi passiamo alle ordinazioni: la quasi totalità dei commensali salta l’antipasto, ed a malincuore (avevo adocchiato dei tortini di zucchine, guanciale e menta sul menù) mi adeguo. Scelgo il primo: fettuccine fatte in casa con porcini e crema di bieta, mentre Tyler prende dei ravioli di ricotta e zafferano conditi con fiori di zucca e parmigiano croccante: buone le mie fettuccine, forse appena un po’ sciape, davvero ottimi invece i ravioli. Nel frattempo, beviamo un buon rosso del Lazio, un Tenuta Cacciani Colle Picchioni, il vino della casa nel senso letterale del termine, in quanto prodotto direttamente nei vigneti del ristorante ai Castelli Romani. Per secondo ordino una tagliata di manzo con verdure grigliate, di altissima qualità e cotta perfettamente, mentre Tyler, già pieno, gusta solo un contorno. Come si diceva all’inizio, però, c’è un compleanno da festeggiare, e così assaggiamo anche un dolce, una crema cotta al caramello davvero eccezionale. Naturalmente, essendo ospiti, non abbiamo idea del conto, ma la sensazione è che, in ogni caso, ne sia valsa la pena.

Ristorante Cacciani (Via A. Diaz, 13/15 – Frascati, Roma)

domenica 31 agosto 2008

Assaggi: Re Burlone




In giro dalle parti della Sabina, su precisa indicazione del signor Fiorelli, un’autorità da queste parti, il mio amico Tyler ed io c’incamminiamo verso Castel S. Pietro, borgo medievale arroccato dalle parti di Poggio Mirteto, alla ricerca del Re Burlone, uno dei migliori ristoranti della zona, a quanto pare. La prima impressione è decisamente favorevole: il locale occupa un palazzetto dell’undicesimo secolo, e giusto attraversando una stradina, c’è una splendida terrazza che domina letteralmente la valle della Sabina. Incantevole. Una signora gentilissima ci fa accomodare proprio al riparo di uno splendido ulivo, e ci illustra i piatti del giorno non compresi nel menù. Ordiniamo un vino locale, un merlot Togale Fontana Candida, e per cominciare prendiamo uno strudel di verdure, servito su un letto di pesto, davvero ottimo. Poi si passa ai primi: per Tyler fettuccine fatte in casa condite con una carbonara di verdure; per me dei ravioli di pasta povera (solo acqua e farina, quindi) ripieni di cinghiale e porcini, al burro e salvia. Entrambi i piatti sono di gran livello, ma le fettuccine artigianali meritano proprio una menzione speciale. Forse è l’aria fresca di questa splendida serata sabina, ma ho ancora fame, e mi lascio tentare dall’anatra in confit con salsa di foie gras, servita assieme ad un tortino di cicoria appena piccante: eccezionale anche questo. Il signor Fiorelli ci ha consigliato bene, non c’è che dire. Ma per esserne davvero sicuri, assaggiamo anche i dessert, andando sul classico: soufflè di cioccolato su letto di crema, e millefoglie alla crema chantilly e frutti di bosco. Una degna conclusione. Sarà perché ci manda il signor Fiorelli, ma il conto è tutt’altro che salato, anzi. Prima di andare, la signora gentile ci presenta Luca, lo chef, rubicondo e cortese. A vederlo, si capisce perché la cena sia stata buonissima.

Re Burlone (Via di Circonvallazione, 23 - Castel S. Pietro, Poggio Mirteto, Rieti)

domenica 17 agosto 2008

Percorsi: dalla Salaria alla Flaminia




L’intento è questo: sfuggire al traffico ferragostano seguendo le strade consolari, oggi diventate provinciali, ma ancora ricche di fascino, evitando accuratamente autostrade e caselli. Si parte dalla Salaria, l’antica via del commercio del sale, verso Ascoli Piceno. Per l’ora di pranzo siamo dalle parti di Amatrice, e per quanto mi renda assolutamente conto della banalità dell’idea che ho avuto, propongo al mio compagno di viaggio Tyler di fermarci a mangiare un piatto di pasta da queste parti. Dopo aver parcheggiato lungo il corso principale, ci lasciamo ispirare dall’insegna del ristorante Ma-Trù. Ci sediamo ad un tavolo traballante collocato in una nicchia, ed all’inizio ci sentiamo un po’ abbandonati a causa della lentezza del servizio. Ma basta poco per capire che si tratta solo di ritmi rallentati rispetto a quelli della città, e ci adeguiamo in fretta, con piacere. Ordiniamo un antipasto misto di affettati e verdure gratinate, un classico piatti di spaghetti all’amatriciana per me e un filetto di manzo per Tyler. Beviamo vino bianco locale. Sarà la suggestione del posto, delle origini e della tradizione ma la pasta è ottima: al dente, semplice, perfetta. Anche la carne è di buona qualità. Il conto poi, specie se confrontato coi prezzi che ormai siamo abituati a pagare a Roma, fa quasi sorridere. Ci rimettiamo in cammino sulla Salaria alla volta di Ascoli Piceno, dove conservo lontane radici che ogni tanto mi curo di annaffiare. Arriviamo con calma nel pomeriggio, e ci sistemiamo in un accogliente albergo consigliatoci da un barbuto agente di viaggi, proprio a due passi da Piazza del Popolo. Dopo un aperitivo in Piazza Arrigo, ci lasciamo tentare dal ristorante Non Solo Crudo, che promette una cucina creativa di pesce. Scegliamo un vino bianco locale, un Pecorino Crivellino di Offida, piccolo centro culturale alle porte di Ascoli, e lasciamo che lo chef ci guidi in una degustazione di assaggi. Mangiamo delle melecche (le code dei gamberi sgusciate) ai carciofi ed agli agrumi, insalata di polpo, gamberi al balsamico, una frittura di pesce con delle squisite olive all’ascolana farcite col pesce, un’ottima variazione sul tema. La cena è veloce e piacevole, il servizio informale ma accurato, il conto onesto.



Freschi e riposati dalla notte trascorsa all’Albergo Piceno, riprendiamo la Salaria fino al suo punto d’arrivo, a San Benedetto del Tronto, e quindi prendiamo la strada statale 16 Adriatica, in direzione del Cònero. Visitiamo Numana, Sirolo e Portonovo, località splendide ma troppo affollate in questi giorni, perciò ci spostiamo all’interno. Facciamo una sosta a Recanati, poi ci dirigiamo verso Macerata, dove decidiamo di fermarci per la notte. Dopo aver trovato un albergo, usciamo a fare un giro: quello che colpisce è il silenzio quasi irreale che avvolge questa città. Ci concediamo uno sfizioso aperitivo a base di vino Pecorino ghiacciato e crostini misti alla Botte Gaia in Piazza Mazzini, poi andiamo a cena all’Osteria dei Fiori, dove, ci dicono, potremo gustare una rivisitazione delle tradizionali ricette tipiche della zona. Prendiamo una bottiglia di Verdicchio, ed ordiniamo un antipasto misto della casa, una “panzanella maceratese” con ciauscolo e mentuccia, dei “vincisgrassi” (le lasagne marchigiane), del coniglio in porchetta ed una panna cotta guarnita con la sapa, la salsa di vino cotto che si prepara da queste parti. La qualità delle materie prime e della cucina è buona, ma le preparazioni sono piuttosto classiche, e nient’affatto creative, come in realtà ci saremmo aspettati. Restiamo un po’ delusi. Per fortuna il conto è in linea con gli altri posti in cui siamo stati.



È ferragosto. Macerata è ancora più deserta e silenziosa della sera precedente, e Tyler ed io ne approfittiamo per ammirare in pace una mostra d’arte sul tema della seduzione. Prendiamo un tè freddo nell’unico punto della città dove sembra sia concentrata un po’ di vita, e sulle note di Alright dei Supergrass, diffusa dagli altoparlanti del cafè, programmiamo la giornata: prenotiamo una camera in un agriturismo nei pressi di Urbino, e ci mettiamo in marcia alle volte del Montefeltro. Quando è quasi ora di pranzo, Tyler, incuriosito dalle origini galliche del luogo, propone una sosta a Senigallia. L’impatto è subito positivo: nonostante sia il 15 di Agosto, si respira un’aria tranquilla e rilassata. Vogliosi di un bicchiere di vino e di uno spuntino, ci lasciamo tentare da un’insegna che è tutta un programma: Osteria del Tempo Perso… Vado in avanscoperta, scendo delle scalette e scopro un locale accogliente ed ancora deserto. Mi accoglie un oste gentile, magro e scavato che ricorda Nick Cave. Le cose si mettono bene, penso. Avverto Tyler e gli dico di scendere, ci sarà da divertirsi. Ci sediamo in un tavolo all’angolo, prendiamo una bottiglia di Verdicchio, e ci lasciamo tentare dalle specialità della casa: un carpaccio d’oca con mandorle e rucola, ed una caprese di mozzarella e pesche, fresca ed insolita. L’appetito vien mangiando, ed ordiniamo anche un piatto di ravioli con bufala, pachino e basilico. Il cibo è gustoso, il buon Nick è simpatico, l’atmosfera d’altri tempi. Si sta bene davvero, qui. Quasi quasi ci dispiace andar via. Paghiamo, il giusto, e ripartiamo. Nel primo pomeriggio arriviamo nelle campagne urbinati, diretti verso Miniera. Ci mettiamo un po’ per trovare la strada, ma quello che ci si apre davanti è un mondo a parte: un piccolo casale recante il proclama “Lavoratori di tutto il mondo unitevi” ci annuncia che si tratta di una località sorta nei pressi di un’antica miniera di zolfo attiva per un secolo, che dava lavoro ad oltre cinquecento operai. Si ha l’impressione di trovarsi in una comune, lontani dalle regole e dai ritmi della vita moderna. L’agriturismo dove faremo tappa, La Corte della Miniera, sorge proprio nell’area dei vecchi giacimenti, e ne riqualifica rispettosamente le strutture. L’accoglienza che ci viene riservata è un po’ distratta, forse a causa del notevole affollamento per il pranzo di ferragosto. Il posto però è davvero suggestivo: gli elementi industriali creano un contrasto insolito con le colline circostanti. Nonostante il tempo vada peggiorando fino a trasformarsi nel più classico degli acquazzoni estivi, decidiamo comunque di fare un giro ad Urbino, e la città ducale delude le nostre aspettative. Per la cena, dopo aver chiesto in giro qualche consiglio, scegliamo un posto poco fuori le mura; si tratta dell’Hostaria a Fuoco Lento, in cima alla strada delle Cesane. Le sale sono intime ed eleganti, e Tyler ed io abbiamo subito l’impressione di essere capitati nel posto giusto. Il maltempo ha reso l’aria del Montefeltro fresca e frizzante, e così cediamo alla tentazione di assaggiare il vino rosso della casa. Cominciamo la cena con un antipasto misto composto da sfiziosi assaggi di cucina creativa, quindi ordiniamo degli gnocchi al pesto di noci, una ricetta tipica urbinate, ed una bistecca fiorentina, dato che a quanto pare, la specialità del ristorante è la carne locale. Ed infatti, la scelta si rivela vincente: la qualità e la cottura sono eccezionali, la presentazione invitante. Probabilmente “la migliore bistecca che abbia mai mangiato” sentenzia Tyler, che di carne se ne intende. Concludiamo il pasto con una mousse al cioccolato fondente ed una tisana allo zenzero. Il conto da pagare, tanto per cambiare, è decisamente concorrenziale: non oso pensare a quello che avremmo speso a Roma per mangiare della carne come questa…



Giusto il tempo di fermarci nel centro di Urbino per acquistare dei prodotti tipici da portare via, e sotto un cielo ancora incerto, lasciamo il Montefeltro e prendiamo la Flaminia, che ci porta in direzione dell’Umbria. Quando i primi languori cominciano a farsi sentire, effettuiamo l’ultima digressione di questa gita: alla riscoperta delle radici di Tyler, questa volta arriviamo a Gubbio, la città dei matti. Ci arrampichiamo per le stradine che salgono verso l’alto, alla ricerca di un posto dove mangiare che non sembri troppo turistico. La scelta ricade sulla Trattoria S. Martino, che a vederla da fuori, sembra proprio fare al caso nostro. Ci accomodiamo ad un tavolo all’aperto, e mangiamo crostini al tartufo nero, fettuccine al ragù d’anatra, tagliata di manzo, salsicce eugubine con patate arrosto, e beviamo vino rosso della casa. Il tutto sempre, decisamente a buon mercato. Ora è davvero giunto il momento di tornare a casa, riprendiamo la Flaminia e ci dirigiamo verso Roma, chiudendo il cerchio.


• Ristorante Ma-Trù (Corso Umberto, 17 – Amatrice, Rieti)
Non Solo Crudo (Via Cino del Duca, 24 – Ascoli Piceno)
• La Botte Gaia (Piazza Mazzini, 1 – Macerata)
Osteria dei Fiori (Via Lauro Rossi, 61 – Macerata)
• Osteria del Tempo Perso (Via Mastai, 53 – Senigallia, Ancona)
Hostaria a Fuoco Lento (Via S.P. delle Cesane, 25 - località San Donato, Urbino)
• Trattoria S. Martino (Piazza G. Bruno, 6 – Gubbio, Perugia)